Non ci si può accostare ad uno spettacolo di Violetta Chiarini per semplice diletto, per pur legittima evasione verso il teatro leggero. Dal momento che se di leggerezza dovrebbe trattarsi, sarebbe quella — in verita più pesante, come scriveva Peter Handke — della Storia, dei suoi riti e dei suoi cicli leggiadri e implacabili, cruenti e in guanti gialli. Di tale dicotomia, Violetta Chiarini si fa testimone colta, eburnea, affascinante: musa sibillina e severa di un’esperienza di palcoscenico che a noi pare il corrispettivo di ciò che in politica è l’immagine di Giano: la diplomazia da una parte, il napalm dall’altra.
Angelo Pizzuto, Sipario