La sua Compagnia

L'Associazione Culturale Terzo Millennio, attiva e operante già da molti anni, tra le varie attività artistiche ha dato vita alla Compagnia Teatrale “Il Violangelo”, che ha presentato alcune performances di prosa e musica, assimilate dalla critica autorevole, sia teatrale che musicale, al Kabarett letterario. Dell’Associazione – che vede tra i suoi fondatori musicisti come Mario Migliardi e registi come Sergio Bargone – fanno parte, tra gli altri artisti, lo scenografo e costumista Salvatore Russo, i musicisti Antonello Vannucchi e Giorgio Rosciglione, il light designer Walter de Angelis, nonché giovani talenti, e Violetta Chiarini attrice, autrice e responsabile legale. L’Associazione, partecipando alla lotta degli intellettuali più illuminati contro una certa colonizzazione culturale, si è specializzata nella creazione di spettacoli il cui minimo comune denominatore è la ricerca filologica e letteraria che vi è sottesa. L’intento è di rivisitare e valorizzare aspetti della nostra cultura spesso trascurati da quella ufficiale, o dal capriccio e dalla pigrizia mentale del pubblico, e farli conoscere e fruire specialmente dalle nuove generazioni; di riscoprire e salvaguardare espressioni artistiche (teatrali, poetico-musicali, letterarie, coreutiche) costituenti un patrimonio (italiano ed europeo) che va scomparendo e di cui si rischia di perdere la memoria storica. Il tutto in una visione globale interdisciplinare – e quindi più moderna – delle varie forme dell’arte scenica. Infatti le teatralizzazioni adottate tendono a far passare i messaggi culturali attraverso la forza e la suggestione di linguaggi espressivi in armonica contaminazione tra loro. Gli spettacoli di Terzo Millennio-Compagnia del Violangelo, riproposti anche in chiave multimediale, si distinguono per il loro carattere brillante, giovane ed emozionante; offrono chiavi di lettura diverse e risultano graditi sia a un pubblico di élite che a un pubblico popolare. Essi vengono programmati nei circuiti della prosa e in quelli della musica classica. L’Associazione svolge attività anche in zone culturalmente meno servite. In particolare, per iniziativa e sotto la direzione artistica di Violetta Chiarini, è stato creato in Sabina il Centro Culturale “PIccolo Teatro del Violangelo”, con sede a Casperia (Rieti), che, tra le varie attività, cura, in collaborazione con il Comune della cittadina, la realizzazione del progetto "SabinArte", (Musica, Cinema, Teatro, Letteratura, Scienza, Arti Figurative), che prevede la partecipazione di altri Comuni del territorio.  


Attività svolte in collaborazione con Enti (in ordine cronologico)


L’Associazione Culturale Terzo Millennio ha collaborato col Comune di Roma per alcune stagioni consecutive, allestendo in proprio e rappresentando diversi spettacoli nell’ambito dell’Estate Romana e precisamente nelle manifestazioni seguenti: “Ma non mi faccia ridere” - Corviale ‘94”, “Ostia a Teatro ‘95”, “Festa de Noantri ‘95” e “Ottobrata Romana ‘96” e sei manifestazioni dell’Estate Romana 1997. Ha inoltre partecipato, nella persona di Violetta Chiarini autrice, al 1° Salone della creatività femminile 1995 “La parola e lo sguardo”, organizzato dall’Ufficio “Progetti Donna” del Comune di Roma al Palazzo delle Esposizioni, ove ha anche preso parte, nel 1997, alla manifestazione “Tu musica divina”. L’Associazione ha, inoltre, promosso e organizzato con altri Enti seminari di Cultura e di Teatro – curandone anche i saggi finali – come, ad esempio, nel 1996, il “Seminario di Arti Sceniche” a Ostia in collaborazione con il Liceo Classico “Anco Marzio”, e a Terni in collaborazione con il Comune, con la Provincia e col Provveditorato agli Studi. Nel 1997 ha svolto un “Corso di educazione teatrale” a Terni e a Orvieto, promosso dal Ministero della Pubblica Istruzione e dall’ETI. Chiamata dallo stesso Ministero, nel gennaio ’98, ha partecipato con altri esperti ai lavori del Seminario Nazionale “Lo spettacolo nella scuola, la scuola nello spettacolo – Una task force per l’Europa”. Terzo Millennio ha collaborato annualmente col Comune di Rieti e con la locale Associazione “Sipario Aperto” al “Concorso Nazionale Bruno Brugnola” per giovani attori giunto alla quinta edizione, curandone le selezioni, la formazione della giuria e l’allestimento degli spettacoli ad esso abbinati al Teatro Comunale Flavio Vespasiano. Nella stagione 2003-2004, sotto il patrocinio del Ministero dei Beni Culturali, della Provincia e del Comune di Roma ha effettuato una tournée di successo in Austria e in Germania. Per due stagioni consecutive, 2003-2004 e 2004-2005, con il contributo della Regione Lazio ha realizzato attività culturale e di spettacolo in zone del territorio regionale meno culturalmente servite. Nell’estate 2004 ha partecipato a una manifestazione di promozione del patrimonio culturale e ambientale del Municipio Roma XX, con uno spettacolo concerto di grande successo a Ponte Milvio. Nell’estate 2005 e nel maggio 2006 ha preso parte con due nuovi spettacoli - uno musicale e uno di prosa - e con rinnovato successo alla stessa manifestazione. Per la stagione 2005-2006 ha messo in scena, col contributo del Comune di Roma, “Telefoni bianchi e giubbe grigioverdi” e, col contributo dell’IMAIE, “La Diva de l’Empire” (“Vecchia Europa sotto la luna n.3”), spettacoli musicali di Violetta Chiarini, ripresi con grande successo a Firenze (Teatro Le Laudi) e a Roma (Teatro Ghione) nella stagione 2006-2007 e 2007-2008. Per la prosa comica ha messo in scena “Cerco casa”, di Violetta Chiarini, che ha vinto il Premio Speciale Schegge d’Autore 2006. Nella stagione 2007-2008 ha messo in scena, col contributo dell’IMAIE, “Monsieur Spadaró”, di Violetta Chiarini, in una nuova edizione con ensamble musicale di jazzisti di fama internazionale. L’Associazione è stata inserita dall’A.T.C.L. nella rassegna 2008 di performances dal vivo “Uno sguardo dal ponte”, con lo spettacolo comico di Violetta Chiarini “Ci ho da fare” (premio "Fersen 2004" , premio UNIAC 2005, già segnalato al premio "Mario Ponchia 2001" e pubblicato da Editoria & Spettacolo nel 2006). Nel 2009 ha prodotto e rappresentato la pièce teatrale “Le delizie del traffico” di Violetta Chiarini, che ha vinto il "Festival della Drammaturgia Italiana - Roma, 2009" per la migliore interpretazione femminile. Nella stagione 2009-2010 ha coprodotto con la Bis-Bideri S.r.l. la prima edizione dello spettacolo “Le avventure romane di Caterina”, di Violetta Chiarini. Nella stagione 2010-2011 ha rappresentato una nuova edizione di “Ci ho da fare” e ha riproposto la pièce comica "Cerco casa", che ha vinto il premio letterario artistico "Ambiart 2011-Milano"; inoltre, in collaborazione con la Domus Talenti di Roma, ha realizzato e rappresentato uno spettacolo-concerto dedicato a grandi star della scena europea del passato, ripreso poi nella stagione 2011-2012 insieme con una nuova produzione, la commedia tragicomicosatirica di Violetta Chiarini "Sono oberata", che ha vinto il Premio Letterario Internazionale "Lago Gerundo-Europa e Cultura 2011"-sezione teatro.   Da essa Violetta Chiarini ha tratto i "dialoghetti filosofici" di "Foemina non ridens", testo vincitore della sezione "Donne allo specchio", nell'ambito della Rassegna di Drammaturgia Italiana Contemporanea "Inedite Visioni", svoltasi nel gennaio 2013 a Roma, al Teatro Lo Spazio. Terzo Millennio cura la realizzazione del progetto "Teatro in Provincia:10 Teatri per 33 Autori", promosso dal Ce.N.D.I.C., Centro Nazionale di Drammaturgia Italiana Contemporanea. I testi, tutti di autori di teatro viventi, sono messi in scena da Violetta Chiarini con la Compagnia del Violangelo-Gruppo Giovani presso il Centro Culturale Piccolo Teatro del Violangelo di Casperia (RI) e in altri teatri del territorio della Sabina.

 



ANTONELLO VANNUCCHI - musicista

Laureato in Scienze Politiche all’Università di Pisa e diplomato in pianoforte al Conservatorio di Lucca, ha iniziato l’attività artistica come vibrafonista nel celebre complesso “I cinque di Lucca”, insieme ai fratelli Vito e Giovanni Tommaso, divenuto in seguito “Quartetto di Lucca”. Con questo gruppo ha iniziato la sua attività discografica non solo nel campo del jazz, ma anche in quello della musica leggera.   Tornato al pianoforte, è stato per 35 anni pianista titolare dell’Orchestra della RAI-TV di Roma.   Ha suonato inoltre in varie formazioni jazzistiche con famosi solisti come Chet Baker, Lee Konitz, Kay Winding, Sonny Rollins, Freddy Hubbard. Toots Thielemans. Lionel Hampton e altri. E’ tuttora pianista di fiducia di grandi jazzisti americani in tournée in Italia. E’ stato accompagnatore di Josephine Baker e di cantanti come Mina, Barbra Streisand, Ornella Vanoni, Massimo Ranieri, Nicola Arigliano, Johnny Dorelli e altri.   E’ anche compositore e svolge intensa attività di arrangiatore. Si è pure dedicato alla musica di commento e ha inciso molti brani col gruppo “I Mac 4”, composto da lui stesso (pianoforte e organo), Carlo Pes (chitarra), Maurizio Majorana (basso elettrico) e Roberto Podio (batteria). Sempre come pianista e organista ha inciso colonne sonore di film composte da ArmandoTrovajoli, Ennio Morricone, Piero Piccioni, Piero Umiliani, Ritz Ortolani e altri. Ha inciso più di quaranta dischi, tra cui alcuni CD con un trio jazz formato, oltre che da lui stesso, da altri due noti musicisti, Giorgio Rosciglione e Gegè Munari. Con questo gruppo ha accompagnato grandi jazzisti italiani, quali Cicci Santucci, Oscar Valdambrini, Dino Piana, Gianni Basso, Marcello Rosa e altri. E’ direttore artistico del festival internazionale “Lucca Jazz Donna”. E’ stato ed è accompagnatore fisso di Violetta Chiarini e ha curato gli arrangiamenti musicali di tutti i suoi spettacoli, dando un prezioso contributo all’attrice-cantante-autrice nella sua opera di ricerca, recupero. salvaguardia, diffusione e continuazione di forme espressive musical-teatrali che fanno parte del patrimonio e dell’identità artistico-culturale dell’Italia e dell’Europa. In alcuni degli spettacoli musicali della Chiarini, presentati con successo in Italia e all’estero, Antonello Vannucchi ha mostrato il suo eclettismo artistico come attore-spalla di Violetta nelle parti recitate di carattere brillante, facendosi apprezzare dal pubblico e dalla critica per la sua sorprendente vis comica.

Lettera semiseria a un grande artista amico

(Ad Antonello Vannucchi)

Caro Antonello, come ti è dispiaciuto dover interrompere la preparazione del nostro ultimo concerto spettacolo che ti entusiasmava e ti divertiva un mondo!! “Vado, l’ammazzo e torno”, mi hai detto parodiando scherzosamente il titolo di un famoso film. “Uvvia! Qualche giorno in ospedale per controlli di routine e si ripiglia il lavoro. Sta’ sicura che debutteremo!”. Così dicevi, col tuo ineffabile sorriso, ottimista come sempre. Volevi tranquillizzare me e te stesso. Io ho messo in stand-by il progetto, virando la mia energia attentiva al mio lavoro di autrice teatrale. E tu eri sincero quando, alla notizia che avevo vinto il concorso di drammaturgia “Autori italiani 2018” della rivista Sipario, mi dicevi: “Son felice che il mio stare in panchina ti porti fortuna!” Io ti ho aspettato: non mi è sfiorata neanche l’idea di rivolgermi ad altro pianista. Da quando ci siamo conosciuti, grazie ai fratelli Tommaso, nel 1975, non ti ho mai sostituito nella preparazione dei miei spettacoli e i nostri spartiti recano esclusivamente la tua calligrafia musicale e la tua firma artistica. E fu proprio il 1975 l’anno di nascita del nostro sodalizio, mai sciolto da allora, e del nostro primo debutto teatrale nel Kabarett musical-letterario, un genere tipico della cultura europea, nel quale tu non avevi mai lavorato. Ma la tua formazione culturale a tutto campo, il tuo spirito di ricerca e la tua profondità di pensiero ti portavano ad aderire al mio invito di sperimentare insieme strade nuove per la nostra arte. E tu mi sei stato vicino con passione -quando internet non c’era ancora - nelle ricerche di un repertorio di cui si rischia ancora oggi di perdere la memoria storica, quello della musica classico-leggera della vecchia Europa, dalla Belle Époque agli anni ‘30 del ‘900. E siamo stati antesignani di un importante recupero, i primi in Italia, in un’epoca in cui imperversava la disco-music e di Europa unita la gente comune non parlava ancora. Alla Rai non fummo capiti. “Ma siete matti?”, ci dicevano. A chi volete che interessi questa roba preistorica?!” E invece fu un successo di pubblico e di critica, ricordi?, e il nostro spettacolo “Vecchia Europa sotto la luna” è rimasto in cartellone per decenni a crescente richiesta, in Italia e soprattutto all’estero.   E dopo di noi, con la penuria di idee che tuttora caratterizza il mondo della cultura e dello spettacolo e con l’analfabetismo di ritorno che invade vari ambiti della società, dopo di noi - dicevo - giù tutti a fare il revival, imitando la coppia artistica indefettibile Chiarini-Vannucchi! E allora tu dicesti: “Uvvia! E’ ora di ampliare il repertorio. Gli si fa vedere chi siamo a codesti scimmiottatori!” “Ma io sono un’attrice - replicavo - non sono una cantante!” E tu “ ’Un far la grulla! Te tu puoi cantar di tutto!!” Hai creduto in me, Antonello caro, e mi hai dato il coraggio di avventurarmi su strade musicali più vicine ai nostri tempi e abbracciare così varie forme di musica leggera. Ma hai sempre continuato ad affiancarmi sugli antichi sentieri e a condividere soluzioni ardite per il nostro Kabarett musicale.   Ho visto la gioia nei tuoi occhi quando ti ho lanciato l’idea di un incipit con una citazione mozartiana da “Le nozze di Figaro”, che introduceva bene il tema della guerra e della pace, argomento dello spettacolo che stavamo preparando quando ti sei dovuto ricoverare. Tu, godendo di questa idea, ti sei messo immediatamente a suonare, leggendo all’impronta e alla perfezione lo spartito che stava sul leggìo del pianoforte, la famosa aria “Non più andrai farfallone amoroso” e mi dicevi soddisfatto “Uvvia! Così si parte col piede giusto.”                       Ma stavolta non siamo partiti insieme per una nuova avventura teatrale. Sei partito tu per una nuova dimensione di esistenza, col piede leggero, come sei sempre vissuto, nonostante il successo professionale che ti pioveva addosso senza che tu lo cercassi. Hai attraversato la vita con discrezione, senza esibizionismi, da grande uomo e da grande artista e, nel contempo, da grande compagno di lavoro e da grande amico. E della tua amicizia mi hai dato prova fino all’ultimo: quando hai saputo che in ospedale ci dovevi tornare per restarci un po’ di più - forse vagamente presentivi di doverti confrontare con una lunga malattia e quindi con l’idea della morte - mi hai portato a casa inaspettatamente gli spartiti del nostro ultimo repertorio. Me li consegnavi come una specie di preziosa eredità, dicendomi: “Qualunque cosa dovesse succedermi, ecco, questo è un patrimonio musicale. E’ giusto che lo tenga tu.” In effetti, dei nostri spettacoli concerto - dove tu eri il mio coprotagonista, arrangiatore, pianista accompagnatore e spalla a tutto tondo - io conservavo nel mio archivio solo i copioni che creavo per noi, ma gli spartiti che tu riscrivevi su misura per me, che peraltro non leggo la musica, avevo sempre preferito che li tenessi tu, anche perché così potevi lavorarci quando volevi. Ora stavi male, ma , da quel gran signore che sei sempre stato, avevi avuto un riguardo e uno scrupolo per me e gli spartiti avevi voluto portarmeli di persona.   La tua visita inattesa e le tue parole mi colpivano come un oscuro presagio e al tempo stesso mi davano l’ennesima prova che il tuo proteiforme genio musicale si coniugava - cosa infrequente negli artisti di successo – a una dovizia di qualità umane straordinarie, che riassumo in una parola: nobiltà dell’anima, da cui derivava, come rovescio della medaglia, tutto il tuo lato gioioso e giocoso, che si sostanziava in allegria, arguzia, umorismo, affettuosa ironia. Quante volte le tue boutades, le tue barzellette, i tuoi calembours mi hanno ridato il buonumore nei momenti critici! Però quando parodiavi in chiave molto, molto goliardica i primi versi della strofa di “Tanto pe’ cantà’ ” che avevamo messo in repertorio, io ti dicevo, mentre mi rotolavo dalle risate: “Smettila! Ché poi in scena mi viene da cantarla oscena!!” Questo aspetto divertente della tua personalità, con la capacità di sdrammatizzare le situazioni non gradevoli, era ben noto e ti attirava le simpatie di tutti, rendendoti particolarmente amabile ad amici e colleghi. E io facevo tesoro nei nostri spettacoli di questo tuo coté di clown bianco con punte di clown augusto, affidandoti gag e frasi da recitare, le quali, dette da te, con quella tua espressione inconsapevole, che risultava una maschera impenetrabile alla Buster Keaton, diventavano battute esilaranti. E il pubblico rideva e si spellava le mani e la critica elogiava, col tuo talento di musicista, anche la tua sorprendente vis comica. Ti ricordi quando il regista Squarzina programmò un nostro concerto spettacolo nella tounée laziale del progetto “Primavera Giovani del Teatro di Roma”? Era il 1980 ed eravamo fieri e onorati di avere insieme a noi nel cartellone il magico flautista Severino Gazzelloni, che ci elogiò per il nostro repertorio e le nostre interpretazioni, ricordi? Una sera, nella replica della città di Itri avemmo un pubblico strapopolare e tuttavia attento alle nostre interpretazioni di Lieder e di Song di Erik Satie e di Kurt Weill, che venivano applaudite con sorprendente calore. Come ricompensa a tanta gratificazione improvvisammo nel bis un brano da sciantosa napoletana che fu graditissimo. E a un certo punto dal fondo della sala si alzò un coro di voci che gridava: “La mossa! La mossa!!” Colta di sorpresa, mi smarrii. Ti lanciai un’occhiata d’imbarazzo, quasi a chiederti aiuto: ero magra come un grissino e non sapevo fare la famosa mossa.   Ma tu, con uno straordinario senso del teatro, con quella tua voce metafisica, la faccia serissima e lo sguardo di chi dentro si sbellica di risa, sollevasti le mani dalla tastiera, ti alzasti in piedi e gridasti al popolo: “Nun ‘a po’ ffa’: è troppo secca!!” E giù un potente glissato di pianoforte! “Se ne cadette o’ teatro!”, direbbe Eduardo. Una fragorosa risata collettiva e uno scroscio di applausi furono tutti per te! Inutile dire che da quel momento inserimmo la gag nel corpo della canzone con risultati ancora e sempre esilaranti e “Lilì Kangy” divenne un nostro cavallo di battaglia di garantito successo.  Comunque, noi due, la parola “successo”, intesa nell’accezione comune, l’avevamo sostituita col concetto di “puro successo artistico”. Tu lo sai, io sono rifuggita da quello mediatico, l’ho sempre visto come una limitazione della libertà espressiva e un tiranno che pretende prezzi altissimi. Eppure tu, musicista dell’orchestra RAI, con partecipazioni continue a programmi importanti e a grandi show con nomi famosi, sei stato felice di lavorare per tanti anni con me, anche se i nostri cachet non erano quelli delle videostar, e ti piaceva assecondarmi nelle mie idee a volte apparentemente folli. Essendo entrambi del segno zodiacale della Bilancia, quindi sempre bisognosi di bellezza e di armonia, filavamo il perfetto accordo: avevamo gli stessi gusti e la stessa voglia di creare valore, di fare cultura e, contemporaneamente, di arrivare al cuore della gente. Ma non è che mancassero tra noi feconde e accalorate discussioni. In tanti anni di lavoro comune poteva succedere che qualche volta non avessimo la stessa opinione sulla scelta interpretativa di un pezzo musicale. Ti ricordi quando dovevamo decidere come proporre la romanza “Dein ist mein ganzes Herz”, di Franz Lehàr? Tu dicevi: “La devi cantà’ come Placido Domingo, ci arrivi benissimo!” E io replicavo.”No,no! Voglio darne una versione intimista.” E via a battibeccare con la proverbiale tigna bilancina! Alla fine tu, artista non convenzionale e di onestà intellettuale a prova di bomba, accettasti la mia idea, ma, facendola tua, la migliorasti e la perfezionasti oltre la mia stessa visione, sì da far diventare la nostra esecuzione di quel brano uno dei momenti salienti dello spettacolo.   Ecco, così si lavorava, eravamo un tandem che preparava uno spettacolo in pochissimo tempo, perché ci capivamo al volo. Si era creata una simbiosi che dava i suoi frutti anche sulla scena: se io facevo qualche errore cantando, tu - con quella marcia in più che hanno i jazzisti avvezzi a improvvisare - mi assecondavi e mi sostenevi, in modo talmente magistrale che il pubblico non se ne accorgeva; e quando eri tu a fare un errore, magari perché ti dimenticavi una convenzione, io trasformavo l’inciampo in un evento scenico che ci faceva guadagnare l’applauso.   E qualsiasi incidente di scena diventava occasione per migliorare o arricchire lo spettacolo. E tu commentavi: “Uvvia! S’è stati bravi, s’è trasformato il veleno in medicina!” Ti ricordi l’incidente di scena al teatro Ghione? Rappresentavamo uno spettacolo musicale che sdoganava la canzone romana dall’osteria e dalla veste turistico-commerciale, ridonandole la sua originale dignità liederistica, e, mentre eseguivamo una versione di “Nannì”, che coinvolgeva nel canto la platea, sento che il mio corpetto indossato a nudo sotto il frac sta cedendo. “Che succede? - mi chiedo sgomenta - Oddio, si è rotta la zip!!” Mi sostengo con le mani il corpetto, risalgo di corsa sul palco e, sfiorandoti, ti sussurro, mentre scompaio in quinta a cercare la sarta, “Va’ avanti finché non rientro!”   E tu, calmo e sorridente, cominciavi a frullare le tue prodigiose dita su quello Steinway gran coda delle meraviglie, in variazioni sul tema di “Nannì”, dapprima alla Beethoven, alla Chopin, alla Verdi, alla Scriabin e poi alla Ravel, alla Gershwin, alla Miles Davis, alla Luigi Nono… E ancora una volta “Se ne cadette ‘o teatro”!! Il pubblico era impazzito per te, non si era accorto del fuori programma da incidente, pensava che il tuo assolo facesse parte dello spettacolo e quindici minuti di esercizi di stile non gli bastavano, avrebbe voluto ascoltare altre variazioni. Comunque, io avevo avuto tutto il tempo di rientrare in scena col costume riparato. E quando in Austria affrontasti e riportasti all’ordine quell’agente truffaldino? Costui aveva un alterco col nostro direttore tecnico, io assistevo inerme alla scena e tu te ne stavi in disparte silenzioso, apparentemente disinteressato a una diatriba che stava assumendo toni di sconfitta per noi. Ecco che all’improvviso il tuo volto impassibile, ma mai duro, diventò quello di un angelo dalla spada di fuoco e con parole feroci, ma controllate, cui era sottesa una forte determinazione, riducesti al silenzio lo squallido individuo, inducendolo a mantenere i suoi obblighi contrattuali. L’angelo sterminatore era diventato angelo protettore. Io fui sorpresa: scoprivo in te una forza interiore insospettata, celata dietro quella che talvolta appariva come semplice flemma ed era invece - virtù dei forti - la tua calma olimpica, che mi si trasmetteva e mi faceva sentire al sicuro, fugando la sottile inquietudine che talvolta si prova in terra straniera tra gente sconosciuta. “Guardati dall’ira del giusto!”, dice il proverbio e pare fatto per te, per il tuo alto senso della giustizia e della verità, per la tua incapacità d’inganno. Questi valori condivisi hanno contribuito a cementare la nostra unione artistica e non di rado sono stati trasmessi in modo subliminale al nostro pubblico che ci ha sempre amato e sostenuto. Come quella volta a Berlino, ricordi? Si festeggiava la demolizione del muro. “Demolizione!”, precisavi giustamente, “Non caduta!” Ma ci era successa una disgrazia. Noi eravamo arrivati in aereo nella capitale tedesca, ma i nostri bagagli per errore erano finiti a Johannesburg. Tutto il fabbisogno scenico, attrezzi, costumi e spartiti musicali erano nella stessa grande valigia che ora si trovava in Sudafrica. Il giorno dello spettacolo il bagaglio non era ancora tornato, nonostante l’immediato espletamento delle relative pratiche presso l’aeroporto. Io ero disperata e volevo tornare in Italia, ma tu, come nella canzone di Jannacci: “Gnanca una piega lú l’ha fà, gnanca un plissé! ” Poi mi dicesti: “E no! ‘Un possiamo deludere il pubblico. ‘Un s’è mica in Italia! Questi son crucchi, han già comprato il biglietto da un mese!” “D’accordo! - ti dissi – li avvertiremo dell’incidente. Siamo in inverno, io canterò avvolta nel mio lungo cappotto bianco di sartoria, anziché col costume di scena, come sempre reciterò le parti in prosa che io stessa ho scritto e canterò, ma tu come fai senza spartiti?”     E tu, sorridendo: “Uvvia, ‘un ti preoccupare, m’arrangerò!” Conoscendo il tuo rigore, mi sono affidata e tu hai fatto il miracolo. Hai suonato a memoria tutto il programma musicale, costituito da brani in cinque lingue, e, siccome eri svincolato dal binario rappresentato dallo spartito, hai sbizzarrito il tuo estro nella creazione di nuovi effetti e varianti - pur senza dimenticare le nostre convenzioni e senza mai crearmi difficoltà di esecuzione - facendo addirittura per i lieder di Weill una versione tutta speciale che strizzava l’occhio al jazz. Risultato: un grande successo! Il pubblico ci aveva ricompensato del rispetto che gli avevamo dimostrato andando in scena comunque e improvvisando alla grande. Ma non finiva qui. Ti ricordi a Potsdam? Lì si potè debuttare con tutti i crismi, perché nel frattempo avevamo recuperato i bagagli. E, com’è, come non è, ci ritrovammo una bella fetta di pubblico della recita berlinese: lo spettacolo concerto, quasi un happening, della serata nella capitale era talmente piaciuto che volevano vederne un altro, sapendo che sarebbe stato a sorpresa. E quegli stessi spettatori vennero poi ad applaudirci anche a Kleinmachnow. Il pubblico tedesco è fatto così, è molto attento e rispettoso verso gli artisti. “Ci vorrebbe anche da noi!”, commentavi mentre ci preparavamo per il ritorno in Italia. Ecco, questo episodio è tra quelli che maggiormente danno la misura del tuo spessore di musicista a tutto tondo, sia nel jazz che nella classica. E non finirò mai di rimpiangerti, anche perché la tua scomparsa mi dà la sensazione di una conversazione interrotta, in riferimento non solo al nostro lavoro, ma anche al rapporto umano esistente tra noi.  Come persone ci conoscevamo reciprocamente meglio dei nostri consorti, che -comunque, erano entrati nella nostra vita in un tempo successivo alla nascita del nostro sodalizio artistico. Sai, Antonello?, mi sono spesso domandata perché piacessi tanto al gentil sesso. Poi l’ho capito. In tanti anni non ti ho mai visto fare la corte a una donna, ma ne ho viste diverse caderti sul piatto e tu, da gentiluomo corsaro, le gradivi sempre, come un goloso manicaretto da gustare a piccoli bocconi. Scherzando dicevi: “Io son come i frati francescani: ‘un chiedo nulla e ‘un rifiuto nulla.” Ma davi anche tanto, come può fare un vero compagno di vita, per questo avevi successo con le donne: sei sempre stato cavaliere, premuroso, munifico, generoso di te, e oblativo all’occorrenza, come durante tutta la lunga malattia della tua giovane moglie che ti ha preceduto nella scomparsa. Buongustaio e gourmet, cuoco sopraffino, come sono spesso i creativi, anche per questo piacevi alle donne e pure agli amici. In tournée, poi, eri prezioso, sempre efficiente nel trovare ristoranti e alberghi di buona qualità non dispendiosi. Insomma era bello anche condividere i momenti conviviali, le trasferte e la vita di teatro. Nel tempo fuori dalla scena e dalla sala prove, durante i lunghi viaggi su e giù per l’Italia e in giro per l’Europa, si affacciava il bisogno delle confidenze personali. Quante volte hai asciugato le lacrime che io versavo per la fine di un amore! E quanti consigli ci scambiavamo quando sorgevano problemi con i nostri rispettivi partner! Ti ricordi la scena madre che tu sopportasti da gran signore mentre tornavamo in macchina dal Todi Festival ? Sono cose che possono succedere a noi che abbiamo sposato la musica, il teatro, o qualsiasi altra arte, per passione pura. I nostri partner, che pure sono rimasti affascinati da noi proprio assistendo a una nostra esibizione, non sempre riescono a comprendere che siamo stati vocati dalla nostra Musa e non ci è stato possibile opporci alla sua chiamata, perché lei, sotto forma dell’Arte che professiamo, è penetrata nei nostri pori, nelle nostre viscere e possiede la maggior parte del nostro cuore. E questa sensazione di essere posseduti, ciascuno dal proprio Duende artistico, per dirla con Garcia Lorca, è stata, Antonello caro, la più importante tra le nostre condivisioni. Anche per questo sento la tua mancanza.    E mi manca il balsamo delle tue guide di buon senso, sia nella vita professionale che in quella privata, il balsamo della tua complicità rasserenante, della tua semplicità propria dei grandi, il balsamo della tua empatia. Sono in uno stato di vedovanza artistico-umanistica, perché non è facile colmare il vuoto che hai lasciato. Ma, anche se non esisti più nella tua dimensione corporea, tu per me continui ad essere presente: ti percepisco al mio fianco come nume tutelare che mi protegge e continua a guidarmi nelle aspre vie del mondo dello spettacolo. E mentre sento montarmi dentro un’onda altissima di gratitudine per te, mi pare di udire la tua voce sottile e pacata che mi dice con dolcezza: “Uvvia! ‘Un ti preoccupare, a tutto si rimedia, va tutto bene, ‘un ti preoccupare, ‘un ti preoccupare…!”

                                                                                   VIOLETTA CHIARINI

 In commemorazione di Antonello Vannucchi- Roma, Casa del Jazz, 31 maggio 2019